Warm up nel tennis: la teoria
Molti tennisti amatoriali, anche di buona caratura, trascurano la fase di riscaldamento, pensando che sia uno spreco inutile di tempo/energia, oppure lo utilizzano solo nei mesi invernali, per abituare il corpo al freddo.
Altri invece lo considerano una tecnica troppo evoluta, adatta soltanto ai professionisti. Lo evitano perché convinti che ciò comporti un notevole ed inutile dispendio energetico prima della competizione [1].
Il riscaldamento è una vera e propria fase di allenamento perché determina variazioni fisiologiche in grado di migliorare la prestazione atletica.
Il riscaldamento non dovrebbe essere trascurato, indipendentemente dal livello della prestazione fornita.
Le modifiche fisiche che avvengono nella fase di riscaldamento riguardano parecchi aspetti.
Prima di iniziare la trattazione vi mostro una foto che ho scattato a Montecarlo nel 2012: l’attivazione di Dolgopolov!
Processi metabolici coinvolti nella produzione di lavoro fisico
Si può osservare una diminuzione della produzione dell’acido lattico, un aumento dell’ossigeno estratto dal flusso sanguigno, l’aumento di impiego di acidi grassi invece del glicogeno muscolare, utile per produrre energia [2].
Da tutto ciò deriva un miglioramento del metabolismo aerobico, una maggiore potenza sviluppata e anche un miglioramento dell’economia del gesto atletico.
Per poter quantificare il miglioramento ottenuto nel metabolismo coinvolto nella produzione del lavoro fisico, si possono misurare alcuni parametri come il massimo consumo di ossigeno, la percentuale di acido lattico prodotto e la frequenza cardiaca.
Quindici minuti di riscaldamento realizzati con la corsa ad andatura blanda provocano un incremento di temperatura dei muscoli di oltre 3 °C, e ciò consente di duplicare o addirittura quadruplicare il massimo consumo di ossigeno nell’ esercizio fisico successivo, permettendo di consumare una quota inferiore di ossigeno dal sangue e di produrre una minor quantità di acido lattico, a parità di sforzo.
Apparato muscolare
Si osserva un aumento di temperatura dei muscoli e un incremento del flusso sanguigno.
La potenza sviluppata da un muscolo infatti è direttamente proporzionale all’aumento della temperatura corporea, in quanto diminuisce la viscosità dei muscoli, aumentano la velocità di trasmissione degli impulsi elettrici nervosi e la velocità delle reazioni chimiche alla base della produzione dell’energia nel muscolo.
Infatti, aumentando la temperatura, diminuisce la capacità che ha l’emoglobina del sangue di legarsi all’ossigeno, quindi aumenta la capacità di rilasciare maggior ossigeno a livello muscolare. Ciò incrementa anche la quantità di ossigeno che il corpo è in grado di ricavare da un dato volume di aria, e quindi si ha un effetto benefico anche sulla respirazione.
Si deve osservare che occorre raggiungere un aumento di almeno due gradi centigradi prima di osservare questi fenomeni. Questo depone a favore di un riscaldamento di parecchi minuti (15-30 minuti).
Apparato articolare e nervoso
Come effetto di un buon riscaldamento si ha un aumento della flessibilità e mobilità articolare e miglioramento della trasmissione neuromuscolare.
L’inserimento degli esercizi di allungamento muscolare statico e posturale (stretching) è molto controverso.
L’impiego di questa metodologia deve essere riservato ad atleti esperti e ad atleti che godono dell’intervento di sostegno del terapista, nella pratica dell’elongazione passiva, più controllata e meno rischiosa per l’integrità del comparto muscolare.
In generale gli studi propendono a sottolineare l’importanza di un riscaldamento effettuato per 15-30 minuti a una intensità non troppo bassa, ma tale da stimolare almeno la sudorazione.
Volendo simulare l’effetto del riscaldamento con bagni caldi o docce, si è visto che queste tecniche hanno un effetto pressoché nullo [3].
Quindi i miglioramenti indotti dal riscaldamento non sono solo legati all’effetto termico, ma anche a meccanismi di rilascio ormonale, che potenziano l’attività cardiaca, e agli effetti sull’apparato nervoso.
Bibliografia
[1]R. Albanesi: Fisiologia del riscaldamento (podismo), dal sito web: http://www.albanesi.it/Arearossa/Articoli/170riscald.htm
[2]R. A. Robergs et al.: Effects of warm-up on muscle glycogenolysis during intense exercise. Medicine and Science in Sports and Exercise, 23. pagg. 37-41, 1991.
[3] F. Ingjer, S. B. Stromme: The effects of active, passive or no warm-up on physiological response to heavy exercise. European Journal of Applied Physiology 40: 273-282, 1979.