Le strategie di recupero
Siete tennisti praticanti e appassionati e desiderate conoscere le strategie che vi permettono di ottenere un valido recupero tra le partite o tra gli allenamenti? Ecco un articolo che vi mostra le strategie corrette: praticate!
Avete occasione di leggere e ascoltare informazioni sull’allenamento e sulle modalità in cui stimolare le qualità atletiche e sulle tecniche di prevenzione degli infortuni ma è giusto che comprendiate anche l’importanza del recupero.
Se il fisico rifiata e recupera, può favorire ottimi processi di rigenerazione e lavorare per obiettivi sicuramente maggiori, in termini di qualità fisiche! In questo articolo, imparerete a conoscere le principali tecniche di rigenerazione, le più comuni tra i giocatori amatori di club, da applicare soprattutto nei periodi di marcato carico sportivo.
Per il tennista, quando ci sono molti tornei che si “accavallano”, è facile giocare tre partite in due giorni, con ridottissimi tempi di recupero!
La capacità di recupero: premesse
Prima di illustrarvi le tecniche di recupero che conosco e che ritengo efficaci, ecco alcune considerazioni.
Se vi impegnate in partite molto ravvicinate, giocando magari fino a tarda sera, con pochissime ore di recupero tra gli incontri, che vi hanno richiesto di “stare sul campo” alcune ore, non illudetevi: non esistono tecniche di recupero concrete che vi facciano seriamente recuperare.
Se siete allenati atleticamente e avete imparato a dosare le energie, sicuramente soffrirete meno e avrete una maggiore “durata” ma, arriverete ad un punto in cui le vostre gambe saranno indurite e la vostra tecnica tenderà a vacillare e, inoltre, la vostra “mente tattica” sarà povera di idee.
Quindi, il mio primo suggerimento è connesso alla vostra programmazione: se vi iscrivete a più tornei in contemporanea, anche se i giudici del torneo verranno incontro alle vostre richieste, se proseguite anche un paio di turni, sappiate che la probabilità di giocare più partite in pochi giorni, è molto alta.
Quindi, limitate e organizzate la vostra partecipazione ai tornei e non pretendete di essere performanti in tutte le partite: anche un fisico allenato, sottoposto ad un lungo stress, resiste con difficoltà.
Le strategie di recupero: attività aerobica
Immaginate questa situazione, molto comune: avete giocato una partita di tre ore sulla terra rossa, contro un avversario “pallettaro”, o più elegantemente detto regolarista.
Avete compiuto molti spostamenti laterali, gli scambi sono stati prolungati e avete vinto soltanto al terzo set.
Il torneo prosegue e vi comunicano che dovrete giocare il mattino del giorno seguente.
Sono quasi le 23, dovete rientrare a casa, docciarvi e cenare.
Avrete anche una famiglia e quindi, tra un impegno e l’altro, andrete a letto intorno all’una di notte.
Il mattino dopo dovrete giocare il torneo alle 9: sveglia presto, colazione presto e viaggio in auto.
Insomma, dal racconto, avrete capito che i tempi sono molto ridotti, quindi, come comportarsi?
Allora, intanto bisogna rallentare l’intervento dei DOMS (dolori muscolari tardivi) che compaiono sempre entro le 12 ore che seguono la fine dell’attività.
I testi di fisiologia sportiva applicata raccomandano, come recupero efficace, un’attività motoria ciclica e aerobica, per un tempo compreso tra i 12 e i 15 minuti, ad un’intensità tra il 60 e il 70 per cento del massimo consumo di ossigeno.
Che significa?
Al termine dell’attività sportiva, la vostra partita serale, dopo aver passato la stuoia del campo e dopo aver cambiato la maglietta sudata, mettetevi a fare una corsa tranquilla di 12 minuti, a medio – bassa intensità, continua, per favorire un ritorno delle pulsazioni al ritmo di base, per “abbassare il livello delle catecolamine” e quindi “calmarvi”, e per garantirvi un valido ritorno venoso, con un ripristino del sangue, carico di metaboliti e scorie.
Se poi, nel centro sportivo in cui praticate il torneo, avete accesso alla palestra, potete, in alternativa, pedalare sulla cyclette ad un ritmo moderato, sempre per gli stessi minuti che vi ho consigliato per la corsa: non deve essere un allenamento ma dovrà essere un defaticamento attivo!
Nel caso in cui non possiate correre, perché non avete spazio e avete problematiche articolari alle caviglie o alle ginocchia, al termine della partita, prima di docciarvi, rimanete qualche minuto a recuperare, a riprendere energie, a favorire un ritorno della temperatura corporea allo stato iniziale, senza fretta.
Non dimenticate di mangiare, subito dopo l’attività.
Se terminate la partita alle 22, non aspettate un’ora prima di introdurre cibo: organizzatevi e portatevi un frutto o uno snack veloce, da consumare subito dopo l’attività.
Il lungo digiuno dopo la pratica sportiva non favorisce, anzi, penalizza il recupero delle energie.
Se, poi, al ritorno a casa, cenerete con piatti abbondanti, limiterete molto il riposo notturno, impedito dalla digestione lenta e difficoltosa.
Il vostro obiettivo sarà coricarvi con le energie piene, ottenute da una giusta quantità di cibo e non dovrete avere una forte carica di adrenalina, che vi impedirà sicuramente di riposare di notte!
Quindi, la prima strategia è quella dell’attività aerobica a basso impatto, continua, protratta per un tempo compreso tra i 12 e i 15 minuti totali. Sperimentate e vi troverete sicuramente bene!
Le strategie di recupero: le posture
Come avrete compreso, vi propongo strategie di recupero, che sono praticabili da tutti e in tutte le situazioni.
Certo, l’impiego di un valido massaggiatore che possa “decontratturarvi” qualche zona muscolare più rigida, è sicuramente un sollievo!
Ma se terminate una partita alle 23 e il giorno dopo giocate alle 9, dubito che abbiate enormi possibilità di farvi trattare, a meno che il terapista non sia un vostro parente, che vi aspetta a casa, oppure che abbiate il lusso di girare con un massaggiatore sempre accanto a voi, come succede per i giocatori professionisti.
Una strategia di recupero che vi suggerisco, è quella praticata attraverso le posture.
Non deve essere alternativa all’attività aerobica rigenerativa.
Se avete il tronco indolenzito, il dorso rigido e volete rilassare la vostra muscolatura, attivando le catene muscolari complete, piuttosto che un singolo distretto muscolare, potete svolgere delle posture di scarico, molto utili.
Le posizioni che vi propongo sono una variazione adattata del metodo Feldenkrais.
Tutte le posizioni si svolgono con la posizione “a zeta” delle gambe rispetto al tronco: angolo di 90 gradi al ginocchio e alle anche.
Le tre posizioni base, molto utili per decontrarre la muscolatura del dorso, del petto e del tratto lombare, vanno mantenute per 5’ ciascuna, almeno.
La respirazione dovrà essere lenta e controllata: inspirazione dal naso ed espirazione dalla bocca!
La prima posizione è quella che prevede le mani lungo ai fianchi, con i palmi verso l’alto.
La seconda posizione, più respiratoria, con le mani alternate: una al petto e l’altra sull’addome, con le spalle rilassate.
La terza posizione consente di rilassare con grande efficacia la muscolatura della fascia pettorale e si realizza con le braccia a posizione di “candeliere” con i gomiti flessi a 90 gradi.
In questa ultima posizione, vi potrà capitare sicuramente di non riuscire ad appoggiare i palmi a terra.
Non disperate: avete la muscolatura del dorso retratta e accorciata e sicuramente con la giusta pazienza e applicazione, potrete arrivare al completo rilassamento di quel tratto muscolare!
Un altro esercizio, molto utile per la decompressione vertebrale e per la detensione del diafframma, è questo: portate le ginocchia al petto, prendete interamente aria con il naso e incastrate la testa tra le ginocchia buttando fuori tutta l’aria!
Fatelo per 5 o 6 volte al massimo.
Al termine di questo esercizio e di tutti gli esercizi a terra, alzatevi in piedi con molta tranquillità, per non subire un brusco calo di pressione.
Le strategie di recupero: lo stretching
Le considerazioni sull’importanza e sull’efficacia dello stretching sono molte e controverse!
Bisogna praticarlo prima, immediatamente dopo, oppure dopo qualche ora?
Quale è la metodologia più indicata?
Per quanto tempo bisogna rimanere in posizione e quali sono gli esercizi indicati?
La risposta a queste domande è molto personale.
Per correttezza, bisogna affermare che lo stretching è un vero e proprio allenamento e ha connotazioni scientifiche definite, al pari dell’allenamento della resistenza e della forza.
Per lo sportivo tennista, come si dice, “la coperta è sempre corta da una parte e lunga dall’altra”: in uno sport intermittente, dinamico, con continui aggiustamenti di posizione, di equilibrio, è prioritario lavorare sulla forza, sulla forza esplosiva, sugli spostamenti e sulle qualità anaerobiche!
Le qualità di allungamento del muscolo bisogna curarle sicuramente, ma spesso, non c’è il tempo per lunghe ripetitive sessioni di stretching. Allora, discorsi scientifici e metodologici a parte, cosa vi consiglio?
Da qualche anno, impiego, per gli sportivi che seguo, questo metodo di allungamento, che porta il nome del suo ideatore: Metodo Wharton.
Jim e Phil Wharton, due fisioterapisti statunitensi idearono una forma di stretching attivo, chiamata stretching attivo e isolato.
Da un punto di vista operativo e pratico, lo stretching di Wharton, di cui potete prendere informazioni sulla rete o attraverso qualche bel testo illustrato: è un metodo scientifico; teoricamente ha meno controindicazioni di altre forme di stretching; praticamente non è così facile da eseguire, all’inizio, come il tradizionale stretching statico.
È però importante conoscerlo per decidere se inserirlo o no nel proprio allenamento.
Quali sono i presupposti teorici, alla base di questa metodologia?
Molti infortuni legati allo stretching sono dovuti al riflesso che viene attivato dopo un movimento rapido e intenso o dopo due secondi di allungamento.
Questo riflesso fa sì che il muscolo cominci una lenta contrazione.
Se si continua l’allungamento mentre il muscolo cerca di contrarsi possono sorgere problemi.
Nel metodo Wharton le posizioni vengono mantenute solo per 1,5-2 secondi, quindi si torna alla posizione di partenza.
Dopo una pausa di 2 secondi, si ripete l’allungamento: si parla quindi di contrazione FLASH.
Nella foto di esempio, il soggetto svolge un’allungamento attivo della muscolatura del gluteo e del posteriore della coscia.
Quindi, bisogna sintonizzarsi su intervalli brevi.
In ogni caso non si deve mai forzare.
Non ci si deve mai spingere oltre il punto del dolore.
Lo stretching, come avete compreso, non è una soluzione istantanea ai problemi di infortunio, per cui bisogna procedere con calma e costanza. I risultati migliori, ovviamente, si hanno con un’applicazione costante e graduale.
Conclusioni
Tutte le strategie di recupero, scientificamente valide, funzionano, se sono praticabili, se si svolgono con la giusta tecnica e al momento giusto.
Se siete allenati e in forma, le strategie di recupero funzionano ancora meglio.
Se siete fuori forma, faticherete a riprendere e anche un paio di partite ravvicinate, in pochi giorni, potranno mettervi in crisi.
La prima strategia di scarico, è quella che si realizza attraverso l’attività aerobica leggera: permette di ristabilire l’equilibrio respiratorio, ormonale e cardiaco.
Le posture di scarico e lo stretching, curato e perfezionato secondo le esigenze che avete e i distretti muscolari che volete “scaricare”, sono valide strategie di ripristino della funzionalità muscolare e respiratoria.
Non aspettatevi dei miracoli: se il vostro fisico è stressato da un’errata programmazione e da una congestione di partite, lunghe e tirate, entro pochi giorni, necessariamente soffrirete il recupero e la ripresa.