Le grandezze atletiche nella corsa
Introduzione
Chi corre, spesso, è portato ad ignorare gli aspetti anatomici e fisiologici che sono alla base del funzionamento del “sistema corpo”, durante la corsa.
Allenatori, atleti e addetti ai lavori dibattono su argomenti tecnici, utilizzando terminologie simili, spesso con significati differenti.
La fisiologia dell’esercizio studia i meccanismi che interessano l’attività motoria e sportiva, e come migliorare le prestazioni con l’allenamento.
Fisiologia della corsa
Iniziamo a correre: partiamo con una corsa lenta di riscaldamento e siamo in equilibrio respiratorio, senza affanni.
All’inizio dunque, la richiesta di ossigeno è limitata perché lo sforzo è di bassa entità.
Se aumentiamo l’intensità dello sforzo e prolunghiamo il tempo dell’esercizio, avremo una maggiore richiesta di ossigeno da parte dei muscoli.
Il consumo di ossigeno quindi aumenta, in proporzione all’aumento dell’intensità dello sforzo.
Il massimo consumo d’ossigeno (VO2max) si raggiunge quando all’aumentare della richiesta energetica non aumenta più il consumo di ossigeno.
La figura sotto è indicativa: c’è un punto in cui si raggiunge il picco!
Quanto tempo un atleta è in grado di mantenere attivo l’esercizio, in condizioni di massimo consumo di ossigeno?
Dipende dal livello di allenamento dell’atleta e dalle sue caratteristiche fisiche interne.
La quantità di sangue che il cuore espelle e la capacità dei tessuti di estrarre l’ossigeno sono caratteristiche decisive per stabilire il tetto di consumo.
Nel tentativo di produrre maggiore energia, accanto al meccanismo aerobico (in presenza cioè di ossigeno) opera anche quello anaerobico.
Quest’ultimo produce sostanze acide, di scarto, che influiscono negativamente nel mantenimento della potenza meccanica.
Pertanto la concentrazione di lattato nel sangue non deve essere così elevata da impedire la contrazione muscolare.
In sostanza, è quella sensazione di bruciore generale che si avverte nel corso delle ripetute brevi (400 metri e 800 metri), dopo alcune serie.
Se lo sforzo non è massimale, è possibile mantenerlo per un certo tempo.
Si dice quindi che l’esercizio si svolge ad una certa percentuale del massimo consumo di ossigeno.
La soglia anaerobica
La soglia anaerobica (SAN) corrisponde alla velocità alla quale vi è costanza di valori di lattato nel sangue per alcune decine di minuti.
Convenzionalmente (può variare da atleta ad atleta, da 3,5 a 4,5 mmol/l), corrisponde a una concentrazione di lattato nel sangue di 4 mmol/l (Mader) e alla velocità che un atleta ben allenato può tenere per alcune decine di minuti fino all’ora.
Per quanto tempo un soggetto può mantenere il ritmo della SAN?
Ecco la capacità aerobica (CAE): può rimanere tra i 40′, per i soggetti amatori e principianti, fino ad arrivare all’ora, per gli atleti evoluti.
La soglia aerobica
Poiché l’atleta riesce a mantenere la velocità della soglia anaerobica per alcune decine di minuti, se lo sforzo si prolunga oltre l’ora, deve ricercare un’altra velocità che gli consenta di mantenersi in equilibrio.
La soglia aerobica (SAE) è il valore minimo dell’intervallo di velocità alla quale vi è costanza di valori di lattato nel sangue per alcune decine di minuti. Rappresenta la velocità oltre la quale aumenta la concentrazione basale di lattato.
Convenzionalmente la SAE corrisponde a una concentrazione di lattato nel sangue di 2 mmol/l.
Corrisponde alla velocità che un atleta allenato può tenere sulla maratona.
La soglia aerobica (SAE) è equivalente alla resistenza aerobica.
Indicazioni pratiche in allenamento
Per arrivare alle definizioni che ho illustrato sopra, la fisiologia dell’esercizio ha effettuato test da campo, con strumentazioni efficienti.
I test e i macchinari per la valutazione forniscono moltissime informazioni.
Quali dati sono “spendibili” dagli allenatori?
Un atleta, come può trasferire i risultati degli studi di laboratorio, per la costruzione di un piano di allenamento per il miglioramento dei propri tempi?
E’ utile precisare che queste valutazioni sono valide per praticanti che non sono più principianti ma hanno già alle spalle almeno tre anni di allenamenti.
Prendiamo il caso di un atleta che corre i 10 km alla massima velocità, in 37’30”.
Possiamo tranquillamente affermare che il soggetto ha una SAN di 16 km/h e una CAE di 37’30”.
In allenamento, dunque, si può dire che la SAN corrisponde alla velocità che il soggetto tiene per 10 km.
Come migliorare le prestazioni di questo atleta?
Dovrò certamente lavorare per migliorare la sua SAN, cioè la velocità a cui riesce a correre i 10 km, anche mantenendo la CAE invariata.
Se infatti porto la sua SAN a 17 km/h, riuscirà a correre i 10 km in 35′.
I mezzi di allenamento adatti al miglioramento della SAN sono: la corsa media, il progressivo e le ripetute medie con recupero in corsa.
Se invece lo stesso atleta prepara una mezza maratona, è ovvio che aumentare la SAN non è rilevante, soprattutto se la sua CAE resta la stessa.
Per aumentare il livello cronometrico sulla maratonina, è importante imparare a correre per lungo tempo (CAE) ad intensità medie e alte.
I mezzi di allenamento che contribuiscono ad aumentare la CAE sono: i medi lunghi, le ripetute lunghe e i lenti “svelti”.
La formula di Riegel
Vi siete mai chiesti quale potrebbe essere il vostro tempo sulla maratonina se, per esempio, correte una 10 km in 40′?
Nella mia esperienza quotidiana di allenatore, sento spesso frasi: “quest’anno vorrei correre la mezza in…”.
Quel valore ricercato è reale oppure troppo fantasioso?
Ci sono dei test da campo, spesso però troppo impegnativi, che possono fornire una proiezione sul ritmo da tenere per distanze standard.
Pete Riegel nel lontano 1977 elaborò una formula per predire il tempo su una certa distanza, noto il tempo su un’altra.
La formula è la seguente:
TP2=TP1*(D2/D1)1,06 (elevato alla 1,06)
Mettiamola subito in pratica.
Se il soggetto ha corso i 10 km in 40′, in quanto tempo, ipoteticamente, su base statistica, dovrebbe correre la mezza maratona?
TP2 = il tempo che cerchiamo, ovvero quello della mezza maratona
TP1 = 40′, che in secondi equivale a 2400”
D2 = 21097 metri
D1 = 10000 metri
Sostituiamo alla formula
TP2=2400*(21097/10000)1,06
TP2=2400*(2,10)1,06
TP2=2400*2,15=5269”=1 ora 28′ e 16 secondi
La formula è certamente universale, generica ma è molto mirata: il differenziale tra il passo sui 10 km e la mezza dovrebbe essere idealmente di 10”/km.
Adesso non resta che allenarvi e seguire le mie indicazioni, se avrete voglia di farlo.
Se volete coltivare le vostre passioni, ho imparato che servono studio e preparazione sui contenuti: la corsa è una scienza, se vi piace dovete conoscerla.
Concludo l’articolo con questo riferimento al Maestro Miyagi di Karate Kid.
Quando cammini su strada, se cammini su destra va bene.
Se cammini su sinistra, va bene.
Se cammini nel mezzo, prima o poi rimani schiacciato come grappolo d’ uva.
Ecco, Karate è stessa cosa.
Se tu impari Karate va bene.
Se non impari Karate va bene.
Se tu impari Karate-Speriamo, ti schiacciano come uva.