Il preparatore atletico risponde!
Gentilissimi sportivi, ecco un contributo che risponde a comuni domande sul tennis giovanile.
L’articolo che segue vuole risolvere semplici questioni, anche se in forma schematica.
Si tratta di un articolo senza noiose spiegazioni teoriche, spesso poco spendibili da chi legge.
Negli ultimi mesi ho ricevuto molte lettere private con domande sull’allenamento sportivo giovanile.
Questo contributo è l’occasione per trovare una risposta pubblica ai quesiti che ho selezionato.
Ecco le prime lettere!
Luigi da Milano scrive: “Gentile Lorenzo, mio figlio si chiama Andrea e ha 13 anni.
Per motivi di famiglia ci siamo spostati da un anno, in un altro circolo sportivo.
Andrea gioca a tennis, per cinque ore alla settimana. […]
Nel centro sportivo di prima, i maestri che lo seguivano, in accordo con il preparatore, gli facevano svolgere la preparazione fisica prima di praticare il tennis, per un’ora circa, insieme ad un gruppo di sei allievi, non di pari età, purtroppo.
Alle mie richieste sull’opportunità di svolgere questo allenamento prima di un allenamento in campo, lo staff mi ha detto che sarebbe stato meglio svolgerla prima ma non mi ha mai fornito motivazioni precise. […]
Nel centro in cui sono ora, il maestro, peraltro molto disponibile, mi ha detto che Andrea svolgerà la preparazione fisica insieme ai compagni di allenamento, dopo la sessione di tennis.
Andrea giocherà a tennis dunque dalle 15 alle 17 e poi svolgerà l’allenamento fisico dalle 17 alle 18.
Alla luce di quello che ti ho scritto, ti chiedo di fornirmi una semplice risposta alla mia domanda: è meglio fare prima tennis e poi preparazione atletica, o il contrario?
Perchè i maestri, lo staff e i preparatori non hanno saputo darmi risposta in merito alle loro scelte?
Noto, peraltro, che i tempi dichiarati di un’ora da dedicare all’allenamento atletico, spesso si risolvono in durate minori, con lunghe pause e poco rendimento.
Ti ringrazio anticipatamente della risposta. Luigi”
Gentile Luigi, la domanda che poni non è di semplice risposta.
L’argomento che hai toccato è centrale nella creazione dell’offerta didattica delle scuole tennis sul territorio nazionale.
Esaminiamo il problema e cerchiamo una soluzione alle tue richieste.
Le scuole tennis, nella maggior parte dei casi, prendono le iscrizioni per la partecipazione in orari pomeridiani.
Gli organizzatori devono accontentare molti allievi e molti genitori, venendo incontro il più possibile alle richieste, anche le più impraticabili.
Chi ha il rientro a scuola, chi ha il corso di nuoto, chi deve studiare, chi ha i genitori che non possono accompagnarlo, etc.
Chi realizza i gruppi deve necessariamente costruire i gruppi in base alle preferenze di ciascuno, pena la perdita di iscritti e il conseguente calo di lavoro per lo staff e per la struttura.
Superato il problema organizzativo dettato dalla motivazioni personali, si affaccia il ben più intricato rebus sulla creazione motivante dei gruppi di allenamento.
Se tuo figlio palleggia bene, ha necessità di progredire, giocando con nuovi stimoli, deve necessariamente avere compagni di allenamento adeguati al suo livello di gioco.
Purtroppo, magari, nell’orario in cui tuo figlio è disponibile, i ragazzi che stimolerebbero il suo gioco, non possono partecipare all’attività.
La conseguenza è che lui dovrà necessariamente palleggiare e allenarsi con un gruppo che probabilmente è di livello inferiore, causandogli un calo di motivazione e molta frustrazione.
In tal modo, in un’età in cui è necessario costruire e accrescere le motivazioni, si arresta invece l’entusiasmo, generando l’anticamera dell’abbandono.
Spesso poi, per contenere i costi di gestione e di personale, gli organizzatori creano gruppi numerosi nello stesso campo, pena la perdita di efficacia e di ritmo dell’allenamento proposto.
L’allenatore è costretto dunque a proporre esercitazioni spesso standard, che non mascherino eccessivamente la disomogeneità dei livelli del gruppo di allenamento.
E’ sufficiente che in un gruppo di allenamento, un solo componente sia incostante (svogliato, meno brillante, ritardatario, poco motivato e poco motivante, nervoso) e tutto il gruppo può affondare nell’inefficienza, trascinando spesso anche l’allenatore.
In una situazione come quella appena descritta, come si colloca la strutturazione della preparazione fisica?
La risposta ora è semplice: è una diretta conseguenza dell’organizzazione dell’attività tennistica.
Se tuo figlio Andrea prima la svolgeva precedentemente rispetto al tennis e ora contrariamente, significa semplicemente che i gruppi di allenamento creati hanno esigenze di orario e di spazio differenti.
Se i ragazzi del gruppo possono arrivare soltanto ad un certo orario, oppure non possono rimanere oltre un certo orario, non è detto che svolgano la sessione fisica prima o dopo il tennis.
Dunque, dall’analisi di una situazione molto comune, si può affermare che, nella maggior parte dei casi, la scelta di anticipare o di posticipare la preparazione fisica rispetto al tennis, segue prevalentemente logiche organizzative e non realmente sportive e allenanti.
E’ meglio giocare prima a tennis e poi fare la preparazione fisica o viceversa?
Dipende da quello che si fa e da come comunicano i settori tecnici dello staff.
Non esiste una regola generale ma ci sono alcune regole che possono guidare nella scelta.
Se il gruppo è collettivo, mal assortito e il preparatore non ha la personalità di scegliere esercizi allenanti, in accordo con un valido lavoro svolto sul campo da tennis, l’allenamento prettamente fisico è insufficiente e dunque scegliere di anticiparlo o di posticiparlo è indifferente.
Se invece il gruppo è motivante e il preparatore è un allenatore ben intregrato nel lavoro dello staff, allora, per la scelta dei mezzi di allenamento e della corretta scansione si posso osservare indicazioni elementari, poco indicative però per un lavoro personalizzato.
Prima della sessione di tennis è necessario un lavoro di attivazione specifico e progressivo.
Al termine è fondamentale svolgere un defaticamento muscolare e un lavoro posturale selettivo.
L’allenamento della forza, ben eseguito, può creare un affaticamento precoce e portare ad un calo della lucidità.
Nelle ore successive, ovvero quando si sente marcatamente l’effetto ritardato di tale allenamento, sarebbero da limitare e dunque da dosare sapientemente gli esercizi estenuanti sul ritmo di palleggio che richiedono molta attenzione e un buon grado di freschezza mentale e coordinativa.
Tutte le altre tipologie di allenamento possono adeguatamente concatenarsi, a patto che il preparatore o l’allenatore sappiano le conseguenze positive (leggasi: effetti dell’allenamento a breve e a medio termine) che desiderano ottenere.
In conclusione – e con la risposta che ti ho dato non sono stato certamente completo, per limiti di spazio e perchè non riesco a personalizzare – chiedersi se la preparazione fisica ha più effetto se svolta precedentemente o in seguito al lavoro in campo, è subordinato alla valutazione degli aspetti organizzativi (gruppo motivante, numero di allievi per campo, numero di allievi con il preparatore) della struttura che ospita gli allenamenti e alla qualità del raccordo tra i componenti dello staff.
Se tutto è adeguatamente programmato e ognuno conosce ciò che fa svolgere e gli effetti che l’allenamento proposto è in grado di creare, i cambiamenti positivi non tardano ad arrivare.
Ciro da Napoli: “Ciao Lorenzo.
Io sono uno studente universitario in una facoltà non direttamente collegata con lo studio di base per l’allenamento sportivo.
Gioco a tennis da alcuni anni.
Nel mio circolo, il mio responsabile mi ha chiesto di seguire alcuni giovani allievi sia per la parte tennistica sia per quella atletica.
Quando svolgono gli esercizi, mi trovo sempre di fronte ad un dubbio: ma quante serie e quante ripetizioni devo fare svolgere?
Quanto recupero tra gli esercizi e quanti per ogni allenamento?
Per darti maggiori informazioni posso dirti che gli allievi che seguo hanno tra i 13 e i 14 anni e giocano tre volte alla settimana per un’ora e mezza con un’ora di preparazione fisica. Grazie. Un saluto. Carlo”.
Gentile Carlo, la tua richiesta si riferisce ad un problema molto comune, anche tra gli allenatori più esperti.
Quando si progetta un allenamento ci si pongono degli obiettivi a breve e medio termine, nell’ottica di proseguire una programmazione anche nel lungo termine.
I parametri su cui personalizzare l’allenamento sono molti: quali mezzi scegliere; come collegarli tra loro, con finalità allenanti; quale intensità preferire; quanti esercizi svolgere; quanto recupero effettuare; quante sessioni svolgere prima di modificare il programma.
Nel corso della pratica degli allenamenti possono esserci alcuni stop, magari di pochi giorni, a causa di un lieve infortunio o di un’ indisposizione per febbre o malattia.
Come riprendere?
L’effetto allenante si mantiene o si perde?
Fare una pausa di alcuni giorni, quanto deallenamento crea?
Come puoi notare dalle semplici domande che ho posto, la progettazione dell’allenamento è molto complessa.
Come uscirne?
A giudizio di chi scrive, la soluzione più congeniale per il raggiungimento di obiettivi concreti, grazie ad un attento monitoraggio dell’allenamento, è la personalizzazione della preparazione fisica.
Individualizzare, o al più lavorare con gruppi ristretti di simili qualità, consente di ottenere un risultato più mirato, grazie ai continui feed-back che gli atleti possono fornire nel corso delle sessioni.
Mescolare allievi di caratteristiche e motivazioni differenti è dispersivo.
Chi non se la sente, chi sceglie un obiettivo soft, chi necessita di più tempo per acquisire certe qualità, chi si affatica precocemente perchè non ha raggiunto il livello minimo per lavorare nel gruppo in cui è inserito, etc.
Alla tua domanda su quante serie e quante ripetizioni occorrano per allenare un allievo o un gruppo di allievi, rispondo in tal modo: non esiste un allenamento per tutti ma esistono delle regole generali applicabili ad ogni allenamento.
Cosa intendo?
Gli allenatori esperti, studiosi dei modelli dell’allenamento, conoscono bene quali modificazioni crea un certo piano lavoro, sulla base dell’esperienza conseguita e del continuo contatto con altri allenatori dalla lunga carriera.
Quantificare il carico di lavoro è necessario ai fini di tenere traccia degli allenamenti realizzati e dunque confrontarli nel tempo ma, a giudizio di chi scrive, è assai arduo stabilire, a priori, con certezza la quantità di lavoro da somministrare.
L’atleta va osservato, le sue parole e le sue espressioni corporee rivelano molto.
Lo scadimento della tecnica esecutiva, il rallentamento del gesto, l’affanno, gli improvvisi silenzi, sono segnali soggettivi da cogliere.
La raccolta dati, attraverso test condizionali che valutano il carico interno, fornisce preziose informazioni ma richiede attrezzature e tempo a disposizione.
Nei gruppi di allenamento collettivi eterogenei, tipici delle scuole tennis, si osserva comunemente che gli allievi hanno esperienze motorie e atletiche differenti.
Alcuni sono allenati, altri no, altri ancora non hanno mai svolto alcune esercitazioni, etc.
Se il gruppo è misto e l’allenatore non riesce o non vuole differenziare il risultato che si può ottenere, con un allenamento collettivo indifferenziato, può essere lodevole ma molto lontano da quello realizzabile con un monitoraggio personalizzato.
In merito ai tuoi allievi ti consiglio di osservarli con attenzione, motivarli e costruire per loro un allenamento personalizzato, per quanto sia possibile.
Parla con loro e fai capire che questa scelta è la strada giusta.
Mario da Brescia scrive: “Ciao Lorenzo. Ho letto i tuoi articoli e i commenti degli altri. Volevo farti una domanda molto semplice: ma a cosa serve la preparazione fisica nel tennis?
C’è ormai in quasi tutti i circoli ed è sempre abbinata al tennis. Un saluto. Buon lavoro.”
Caro Mario, la tua domanda è il perno della mia professione.
La richiesta che mi hai fatto necessiterebbe di una vasta trattazione ma proverò a risponderti con chiarezza e brevità.
Affinchè un metodo o un programma sia utile è necessario che sia progettato su misura per la persona o per il gruppo che lo eseguirà.
Un allenamento è utile se è costante, organizzato, allenante, intenso e motivante.
E’ inutile se demotivante, con lungo periodo tra una sessione e l’altra, di bassa intensità rispetto alle potenzialità individuali, disorganizzato e con pause eccessive tra gli esercizi.
Bisogna evitare la dispersione dei contenuti e delle motivazioni.
Chiarite queste semplici ma non banali regole generali, si comprendono ora le finalità della preparazione fisica specifica al tennis.
In ambito giovanile, si allenano le qualità condizionali necessarie a gestire l’allenamento e il match con autonomia e forza.
Chi è principiante e non più in età giovanile beneficia della preparazione con finalità di controllo del peso corporeo in eccesso e con riduzione delle problematiche posturali generate dallo stress e dal lavoro sedentario.
Chi rientra da un infortunio, può rieducare l’intero corpo a ricondizionarsi e comprendere le cause che hanno generato lo stop forzato.
La premessa generale, come in ogni professione, è che tutto si può fare ma occorre che l’allenatore sia motivato e preparato e che gli allievi, giovani o adulti che siano, si possano fidare e abbiano la giusta pazienza.
Seguo moltissimi tennisti in età adulta, di differenti categorie.
Coloro che mi seguono con costanza e impegno si sentono più attivi, reattivi e hanno ridotto il peso in eccesso.
L’autostima sulle loro capacità in campo è decisamente migliorata.
Coloro che non hanno pazientato e non hanno creduto nelle proprie capacità di migliorarsi e di “stare meglio” sono ciclicamente alle prese con infortuni e puntualmente “hanno ceduto al terzo set, con le gambe deboli e la testa confusa”.
Conclusioni
Ho conosciuto alcuni genitori che mi hanno chiesto di allenare i loro figli, anche con validissimi metodi a distanza, con un contatto quotidiano, attraverso video e riprese live.
Ho avuto occasione, nel corso di questi anni, di conoscere molte realtà sul territorio nazionale e di accrescere la mia esperienza professionale.
Un saluto sportivo dall’allenatore Lorenzo!